C’è un blog, un divertentissimo blog, che seguo da meno di un anno e che prende ispirazione da quel capolavoro di quotidianità scritto da Francesco Piccolo: Momenti di trascurabile felicità. Questo piccolo capolavoro è un libricino che si legge velocemente e che fa morire dal ridere perché parla di cose vere con una sincerità imbarazzante. Il blog invece, suo parente stretto, è Momenti di TRAscurabile Maternità, e la ragazza che lo gestisce porta addosso le stesse dosi di ironia e sincerità.

Non sono donna, perciò non saprò mai cosa vorrà dire essere “la casa” di un piccolo essere vivente, ma con la mia fotografia di maternità vorrei fare esattamente quello che Francesco Piccolo fa con la vita e che la ragazza del blog fa nel momento in cui, come dice lei, scopre di avere un inquilino nella pancia: vorrei sfondare la porta delle apparenze e spalancare le finestre sulla sincerità, sull’ironia, sulle difficoltà, sui cambiamenti e sulle paure del diventare genitori, sulle verità delle neo-mamme.

La fotografia, testimone di nascite

Nascite, al plurale sì, perché non parlo solo della nascita di un figlio ma anche della nascita di un genitore. Nasciamo uomini e nasciamo donne, ma un padre e una madre nascono insieme al figlio.

Ad alcuni succede quando guardano increduli la linea del test di gravidanza, altri quando vedono i lineamenti farsi chiari sul monitor, altri ancora quando sentono il primo battito. Wislava Szymborska scrisse «Ascolta come mi batte forte il tuo cuore», e  questo dice più di qualunque altra cosa.

È così che tutti i confini iniziano a mutare: quelli fisici si fanno geometrici e prendono la forme dei pianeti, il tondo del sole, quelli che non sono fisici diventano il caos prima di espandersi verso l’infinito. Mi chiedo però quanto siano vere le immagini della gravidanza e della maternità che ci vengono proposte: capelli lucenti, sorrisi smaglianti, pace dei sensi, serenità che invade lo sguardo… Ma quando iniziano i cambiamenti? Cosa si prova a sentire una vita dentro la propria vita? Quali sono le difficoltà, le scoperte, le vecchie abitudini e quelle nuove? Che forma predono i pensieri dopo nove lune nuove?

«Come faccio a spiegarlo? Ognuna vive la gravidanza in maniera diversa» mi ha risposto un’amica quando gliel’ho chiesto.

Ecco allora il mio posto.

Le immagini custodi dei ricordi quando le parole non sono sufficienti

La fotografia, soprattutto quando si parla di vita e maternità, è la necessità di raccontare, di conoscere, di vedere e poi rivivere, rivivere e rivivere una storia che alla fine è sempre la stessa ma è sempre diversa.

C’è una fotografia che ho in mente e che esprime tutta l’energia del mettere alla luce. Ritrae una giovanissima e nuova mamma che, con il braccio teso sopra la testa e il pugno chiuso, urla «Ce l’ho fatta!!», ma lo fa senza aprire bocca, perché ha finito le forze.

Ecco di nuovo il mio posto. Fermare l’attimo.

Mi hanno detto che la complicità che nasce tra madre e creatura è magica, che aumenta sempre di più fino ad esplodere nel momento della nascita, e che nell’ascoltare ogni piccolo movimento, ogni piccolo dolore, si impara a conoscere la nuova vita che arriverà. Nove lune sono lunghe ma corrono veloci, sono piene di scoperte ma con la memoria corta. L’essenza della fotografia non sta solo nei luoghi o nei soggetti ritratti, sta soprattutto nell’attimo che si decide di fermare.

E la prossima volta che qualcuno vi chiederà com’è stata la vostra gravidanza risparmiate le parole, usate le immagini!