“Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti”, diceva Pirandello.
E se quelle tante maschere fossero sfaccettature sincere di uno stesso volto?
Parlare con gli occhi
Se è vero che ogni fotografo ha il proprio sguardo, è altrettanto vero che ogni soggetto ha le proprie espressioni. Scoprire quelle più interessanti, investigarle, coglierle e catturarle è il divertimento di fare fotografia.
Quando un fotografo decide di ritrarre un soggetto sa benissimo che in scena ci saranno tre protagonisti: il suo sguardo dietro la macchina, il soggetto del ritratto, il sentimento che governa il soggetto. Il sentimento, lo stato d’animo, l’emozione che stanno dentro il soggetto a volte sono così ingombranti che fuoriescono riempiendo l’intera composizione. Un buco nero affamato che risucchia tutti gli altri elementi e si fa enorme.
L’esempio più facile che mi viene in mente è anche quello più famoso, Afghan Girl di Steve McCurry, che sicuramente avrete visto. Scattata in un campo profughi a Peshawar, in Pakistan, è diventata “la foto più riconosciuta” di National Geographic. Sharbat Gula, la ragazza afgana ritratta da McCurry, incarna da quel giugno 1984 la condizione dei profughi di tutto il mondo.
Perché? Per il suo sguardo, perché nei suoi occhi esplodono dignità, orrore, paura, diffidenza, rabbia, curiosità. Uno sguardo che non fissa semplicemente l’obiettivo del fotografo, fissa proprio te che guardi e non sai. Ti entra negli occhi.
Scavare nelle emozioni
Fotografare le emozioni richiede allenamento ed empatia; allenamento perché il nostro occhio impari a vedere gli stati d’animo delle persone che abbiamo attorno, perché impari a percepirli, a notare quando cambiano, empatia per entrarci in contatto e portarli alla luce.
Un progetto che vive nel cassetto insieme ai miei sogni è quello di creare un’intervista sul passato, sul presente e sul futuro non attraverso le parole ma attraverso i ritratti fotografici. Avete presente quando ci accorgiamo di aver punto il cuore di qualcuno con una domanda? Ce ne rendiamo conto per l’espressione che cambia, che sia un sorriso sincero, rilassato o teso, oppure uno sguardo cupo, delle labra serrate, dalle mandibole rigide, degli occhi bui, tutto questo ci fa intuire qualcosa molto prima delle parole. Ecco, questo mi piacerebbe fare: fermare l’istante in cui il cuore, dopo essere stato punto da una domanda, lascia uscire qualche goccia di emozione.
Click. Fermato.
Penso alla frase di Pirandello e vorrei potergli dire che nel lungo tragitto che sarà la mia vita, spero di incontrare tante maschere sincere, spero di parlarci, di entrarci in empatia, spero di poter pungere il loro cuore e che anche il mio venga punto. Ancora di più spero di poter raccontare tutto quello che ne uscirà senza il bisogno di parlare.
Click.
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